Con il termine pollina si definisce l’insieme degli scarti risultanti dall’allevamento del pollame. Essendo la pollina prodotta in grandi quantità, il suo smaltimento e/o utilizzo rappresenta una tematica di grande importanza per la società: il suo corretto smaltimento e/o utilizzo riveste una utilità sociale. La pollina è composta dagli scarti dell’allevamento del pollame, quindi dalle deiezioni del pollame, dalle loro lettiere, da piume ma anche da scarti di mangime, da carcasse di uccelli morti, e da uova rotte. A causa dell’alto valore nutrizionale di tale composto, la pollina è usata tradizionalmente in agricoltura come fertilizzante organico in quanto permette di reimmettere nei campi importanti nutrienti: sono presenti nella pollina, in media, il 3% di azoto, il 2% di anidride fosforica e l’1,5% di potassio. Sfortunatamente però l’eccesso di utilizzo può essere estremamente pericoloso per la salute umana in quanto in essa può essere contenuta una percentuale altissima di azoto in forma organica (60-80%) che, una volta sparso come fertilizzante, si trasforma in ammoniaca e sali ammoniacali per la quasi totalità. L’ammoniaca si disperde in atmosfera contribuendo però alla formazione delle polveri sottili, mentre i sali ammoniacali si trasformano in nitrati, altamente solubili in acqua, e quindi in grado di contaminare i corsi d’acqua superficiali e nel peggiore dei casi di contaminare le acque di falda. Un suo eccessivo utilizzo può avere effetti fitotossici, in quanto può causare eccessiva salinità del terreno. Pertanto, è palese ed evidente che l’attuale livello demografico e la moderna tipologia di allevamento avicolo intensivo contribuiscono non poco a produrre molta più pollina di quanta i terreni agricoli possano accoglierne. Questo surplus va trattato preferibilmente “fresco di produzione” per evitare ulteriori criticità legate a grandi stoccaggi quali: proliferazione di insetti, odori sgradevoli, diffusione di germi patogeni, ecc. 28 Filiera Agroalimentare da problema a risorsa La ricerca di un possibile utilizzo della pollina a scopo energetico nasce dal fatto che si ha una “sovrapproduzione” negli allevamenti rispetto ai quantitativi che si possono destinare all’agricoltura come ammendanti. In tutto il mondo industrializzato sono stati costruiti negli ultimi anni grandi impianti alimentati esclusivamente a pollina, in Italia, però, la loro costruzione è stata oggetto di polemiche e create ad hoc da sedicenti ambientalisti che ha fatto ritardare la loro implementazione approfittando della sensibilità dell’opinione pubblica che rimane influenzata da casi clamorosi come l’influenza aviaria, mangimi contaminati da diossine, ecc. L’utilità della loro costruzione è evidente sia a livello gestionale che ambientale. Dal punto di vista economico si potrebbero ridurre i costi di smaltimento della pollina e di approvvigionamento energetico all’interno degli allevamenti avicoli facendole divenire aziende “a ciclo chiuso” o “ad economia circolare”, mentre dal punto di vista ambientale si eviterebbero i costi ambientali legati al trasporto della pollina stessa ai fini del suo smaltimento e all’utilizzo dei relativi carburanti non ambientalmente sostenibili (gasolio ecc.) all’interno delle aziende agricole. Oggi, grazie ad anni di sperimentazioni e di prototipizzazioni, dopo aver valutato i rendimenti energetici, le emissioni a camino e la composizione delle ceneri derivante da co-combustione e gassificazione di pollina in caldaia, in funzione dei risultati ottenuti, il loro utilizzo a tale fine vede ormai ottimizzate tanto le rese energetiche che l’abbattimento delle emissioni inquinanti. gassificazione: emissioni & ceneri La concentrazione di acido cloridrico nei fumi in uscita è largamente al di sotto del limite di emissione per tale tipologia di emissione. Il monossido di carbonio, grazie alla geometria tubolare rotante del gassificatore non supera i livelli di emissione di riferimento. Le concentrazioni di acido fluoridrico sono sempre risultate al di sotto dei limiti di rilevabilità strumentale e pertanto non destano preoccupazioni. Anche gli ossidi di azoto (NOx) hanno presentato concentrazioni inferiori ai limiti di legge, non risultando quindi un parametro critico. La concentrazione di ossidi di zolfo (SOx) non è neanche confrontabile al limite di legge mentre la concentrazione di carbonio organico totale rispetta ampiamente i limiti. Anche nel caso degli idrocarburi policiclici aromatici non si ha un superamento del valore limite. La concentrazione di diossine in assenza di trattamento dei fumi ha raggiunto il limite di legge. Applicando però il nostro lavaggio dei fumi anche questo valore viene abbattuto assieme alle polveri immesse in atmosfera. Le somme date dalle concentrazioni di cadmio e tallio e le concentrazioni di mercurio presentano valori modesti e inferiori ai limiti. Infine, le somme delle concentrazioni di metalli non superano i limiti di legge. Pertanto, l’utilizzo energetico della pollina fa emergere che tra la combustione e la gassificazione della pollina è quest’ultima che risulta essere l’alternativa migliore in quanto comporta minori emissioni di monossido di carbonio (CO), polveri, ossidi d’azoto (NOx) ed ossidi di zolfo (SOx) che incidono in particolare sull’effetto serra, sull’acidificazione delle piogge e dei suoli, sulla formazione di smog fotochimico, sull’ecotossicità.  Per quanto riguarda le analisi costi-benefici per valutare la fattibilità dell’utilizzo della pollina a fini energetici, si sono valutati diversi fattori. In particolare, si sono valutati gli eventuali ricavi economici per gli avicoltori, considerando i seguenti fattori: 1) Il mancato costo di smaltimento della pollina; 2) Il mancato acquisto del combustibile o dell’energia per il riscaldamento degli allevamenti; 3) Il surplus di energia elettrica e/o energia termica ed elettrica che si potrebbe avere grazie all’utilizzo di pollina a fini energetici. I materiali di scarto, in caso di utilizzo della biodigestione, sarebbero del tutto assenti oppure, in caso di gassificazione, ceneri. Le procedure semplificate di recupero che si applicano alle ceneri sono le seguenti: ¾ produzione di conglomerati cementizi; ¾ cementifici; ¾ industria dei laterizi e dell’argilla espansa; ¾ formazione di rilevati e riutilizzo per recuperi ambientali; ¾ compostaggio attraverso un processo di trasformazione biologica; ¾ produzione di fertilizzanti. È da notare che per “produzione di fertilizzanti” da ceneri non si intende lo spandimento diretto sui campi, ma il loro conferimento a ditte specializzate come componenti da utilizzarsi per la produzione di fertilizzanti. Per quanto riguarda la pollina, le ceneri vanno sempre trattate a causa dei mangime e degli integratori che vengono somministrati, oltre ai medicinali, i disinfettanti, ecc. Bisogna tuttavia sottolineare che lo smaltimento in discarica delle ceneri, considerata come “ultima spiaggia”, rappresenterebbe l’1% del quantitativo di pollina che attualmente deve essere smaltito (25-30% in volume totale della Pollina di ovaiole ricca di carbonato di calcio), quindi, in ogni caso, un deciso risparmio per l’allevatore. La produzione di deiezioni, che interessa la valutazione del relativo potenziale energetico, è sostanzialmente legata al peso vivo delle singole tipologie allevamento e alle relative modalità di gestione. La sua determinazione con un ragionevole grado di accuratezza è da ritenere importante per indirizzare al meglio eventuali scelte strategiche di fondo. Per quanto riguarda l’utilizzo energetico dei reflui avicoli, sulla base dei risultati delle sperimentazioni condotte è stato possibile verificare come spesso le matrici abbiano un contenuto energetico (PCI) inferiore ai valori indicati in letteratura – a causa soprattutto dell’elevato contenuto di umidità – e, per alcuni casi, anche al limite di quanto indicato in normativa. Ciò è particolarmente evidente per la pollina di ovaiole. La presenza di un sistema di essiccazione delle deiezioni inserito in un impianto di gassificazione, quindi, diventa fondamentale; in tali impianti è in ogni caso necessaria una fase di compattazione, più specificatamente bricchettatura, per il processo di gassificazione. Per quanto riguarda gli impianti di biodigestione non occorre altra apparecchiatura in ingresso oltre all’EMPOWERING DEVICE in configurazione biomasse. Per ovviare ad eventuali problemi odorigeni causati dai materiali trattati, oltre alla lavorazione in depressione, verrà adottata la tecnologia di deodorizzazione biologica mediante biotrickling filter MonaShell®. Grazie a questo sistema le qualità del lavaggio controcorrente sono abbinate a quelle di un sistema filtrante biologico. Il funzionamento è assimilabile a quello di un filtro percolatore in cui, però, il percolante non è la sostanza da depurare ma l’agente depurante. Trattasi, infatti, di soluzione acquosa attivata con speciali ceppi microbici i quali metabolizzano, insediandosi sull’ampia superficie dello speciale supporto MonaShell®, le molecole odorigene. I biotrickling filters MonaShell® presentano il vantaggio di poter trattare concentrazioni elevate di inquinanti e consentono l’applicazione di elevati carichi specifici con conseguente riduzione del volume del letto filtrante e della superficie impiegata. Inoltre, grazie all’impiego di ceppi batterici selezionati, il sistema adottato è in grado di aggredire efficacemente molecole organiche complesse, al punto che esso è stato impiegato con successo in applicazioni industriali per l’abbattimento dei VOC quali cabine di verniciatura, industria della plastica, impianti petrolchimici. Il sistema MonaShell® è molto tollerante verso le fluttuazioni delle concentrazioni di inquinanti poiché riesce a metabolizzare i nutrienti presenti nella soluzione di lavaggio in assenza di quelli normalmente presenti nell’aeriforme esausto. In tutti i sistemi di biofiltrazione convenzionali, la conversione biologica dell’H2S comporta la produzione di acido solforico (H2SO4) il quale, nel caso in cui se ne consenta l’accumulazione, determina l’acidificazione del materiale filtrante di supporto, con conseguente riduzione delle performance di abbattimento. MonaShell® è un sistema biologico che utilizza un materiale filtrante in grado di controllare le variazioni di pH mediante la neutralizzazione degli acidi che vengono prodotti come risultato dell’ossidazione biologica dei composti dello zolfo. In questo modo è possibile trattare alti livelli di H2S e di composti ridotti dello zolfo. Il mantenimento del pH ottimale sulla superficie del materiale filtrante, consente inoltre la captazione e la rottura di composti ridotti dello zolfo a bassa solubilità, come ad esempio l’Alchil Solfuro e i Mercaptani. Materiale filtrante Il materiale filtrante MonaShell® è costituito da conchiglie ricoperte da una cultura di microrganismi specificatamente selezionati . Le conchiglie hanno un alto contenuto di CaCO3, il quale neutralizza l’acidità generata dall’ossidazione batterica dei solfuri. I batteri sono selezionati in base alla loro capacità di degradare alte concentrazioni di H2S. Il processo è ulteriormente migliorato dalle caratteristiche fisiche strutturali e chimiche del materiale, grazie alle quali è possibile realizzare filtri di dimensioni ridotte, aventi alta efficienza ed elevata capacità di rimozione. Il processo risulta essere inoltre estremamente efficace per il trattamento dei VOC e dei composti azotati. Soluzioni impiantistiche MonaShell® può essere fornito sia sotto forma di unità modulari trasportabili sia sotto forma di filtri costruiti in loco su di un basamento di cemento. I bacini di contenimento sono costruiti utilizzando pannelli bullonati, realizzati mediante materiali resistenti all’aggressione acida. Tutti i filtri sono forniti completi del grigliato per la diffusione dell’aria, del materiale filtrante, del sistema di irrigazione, della copertura, delle connessioni di ingresso ed uscita e di accessi di ispezione. Le coperture sono rimuovibili per consentire la sostituzione del materiale filtrante. Gli ugelli di irrigazione sono accessibili per consentire di effettuare le operazioni di pulizia e manutenzione. Tutti i componenti interni sono costruiti utilizzando materiali caratterizzati da un’alta resistenza alla corrosione.